Dove eravamo rimasti? – The last episodes (INDEX#6)

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Here we are again, with a little break, in order to have enough time and relax to read the last episodes of this blog.

Eccoci di nuovo con una piccola pausa, per dare modo a tutti di leggere gli ultimi episodi della serie di questo blog.

Enjoy!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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Ecco l’elenco degli ultimi articoli pubblicati DALLA CINQUANTATREESIMA ALLA SESSANTESIMA PUNTATA:

Here are the last posts of the blog FROM 53 TO 60:

Perché la musica dal vivo – Jazz is (a)live

Di quale meravigliosa ERA DELLO SWING stiamo parlando? – What really was THE SWING ERA?

Una breve antologia di 110 ANNI di JAZZ BALLABILE – A brief ANTHOLOGY OF 110 YEARS of DANCEABLE JAZZ

Metti 3 geni musicali in uno studio di registrazione nel 1945 – The fabulous BIRD+DIZZY+GAILLARD 1945 LA session

Il sogno di Dizzy Gillespie: “Jivin’ in Be Bop” (1947) – Dizzy Gillespie’s dream: “Jivin’ in Be Bop” (1947)

QUESTO È IL JAZZ! – THIS IS JAZZ! (After Hours, 1958)

Nascendo figlio di 2 jazzisti, facile poi diventare PRINCE – PRINCE and Jazz

La più importante JAM SESSION SWING – GOODMAN @ CARNEGIE HALL (1938)

These are the former indices:

Questi invece gli indici precedenti:

PREVIOUSLY ON: riepilogo delle puntate precedenti

Ricapitolando: l’INDICE del blog

Riavvolgiamo il nastro (INDICE #3)

Prendiamoci una pausa di riflessione (INDEX #4)

Premere il tasto PAUSA – Push the PAUSE bottom (INDEX#5)

 

La più importante JAM SESSION SWING – GOODMAN @ CARNEGIE HALL (1938)

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PLEASE FIND ENGLISH VERSION BELOW

Anche questa volta, spazio soprattutto alla musica, senza troppi orpelli e parole.

Non si può però non introdurre uno dei concerti più famosi di tutti i tempi, l’esordio di Benny Goodman nel tempio newyorchese della musica classica, registrato dal vivo il 16 gennaio 1938. Testimonianza fondamentale di un passaggio decisivo per la diffusione del Jazz presso il largo pubblico e il cambiamento epocale che va sotto il nome di Swing Era. E per l’occasione speciale il generoso e ambiziono King of Swing volle con sé il meglio del Jazz dell’epoca, con rappresentanti delle orchestre migliori di tutti i tempi: Ellington (presente attraverso Carney, Williams e soprattutto un Hodges in grandissima forma al sax contralto) e Basie (lui stesso al piano, poi l’intera mitica All American Rhythm Section e Clayton e Lester Young al tenore!). Oltre ovviamente ai suoi grandi solisti, sia della big band (James e Elman alla tromba e Krupa alla batteria, tra gli altri) che dei piccoli combo (Hampton strepitoso).

Insomma, un live leggendario da gustare dalla prima all’ultima nota, pubblicato nel 1950 con la simpatica introduzione ai brani dello stesso direttore d’orchestra (come potrete sentire anche nel brano oggetto di questo post).

Ma veniamo alla Jam Session che ha fatto la storia dello Swing, quella che per circa 16 minuti realizzò nel teatro più famoso di New York la magia di un piccolo club fumoso notturno, portando l’arte dell’improvvisazione ai suoi massimi livelli in un luogo dove mai era arrivata. Sul tema di Honeysuckle Rose del grande Fats Waller, il cui tema è a gran ritmo suonato a inizio e fine della session, partono una serie di assoli che gareggiano per maestria, swing e fantasia. Perché le Jam Session non sono state inventate dal Be Bop negli anni ’40, ma da New Orleans in poi, anche se in forme diverse, hanno attraversato la storia del Jazz. Anche nell’epoca in cui veniva chiamato Swing!

Insomma, la perizia e l’estro di questi artisti si manifesta nella magia dell’improvvisazione e se è impossibile stilare una graduatoria, i gusti personali mi portano a sottolinearvi l’esibizione di alcuni dei 10 che si cimentano in questa impresa (nell’ordine dei solos: Lester Young, Count Basie, Buck Clayton, Johnny Hodges, rhythm section Count Basie + Freddie Green + Walter Page + Gene Krupa, Carney, Goodman, Green, James, Young, Clayton): Lester Young che nei suoi due spazi ci mostra col suo sax sempre un po’ dietro il ritmo perché fu influenza fondamentale per tanto del Jazz successivo, Count Basie che mette a tacere definitivamente tutti i dubbi sulla sua bravura non esibizionistica al piano, Johnny Hodges che lascia senza fiato dall’inizio alla fine, Benny Goodman che mette in chiaro perché il clarinetto è lo strumento per eccellenza del Jazz classico, Freddie Green che prende uno dei pochi assoli di tutta la sua lunghissima e luminosa carriera (!!!), Harry James infine che sorprende quasi per l’inventiva alla tromba, un po’ messa in secondo piano nel resto della sua carriera di successo.

Ecco qui questa perla musicale:

“Honeysuckle Rose Jam Session” – Carnegie Hall 1938

Buon divertimento e buon ascolto a tutti!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

PS

Una chicca trovata su Internet: qui la riproduzione originale del programma della serata del 16/01/1938!

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Believe it or not: this mught really be the most important Jam Session in all the Jazz history. For sure during the Swing Era, because for the first time the King of Swing was invited to play in the temple of classical music in New York, the Carnegie Hall. The all concert is one of the most famous one and it worth a listening from the beginning ‘til the end. In this record released in 1950 you can also hear the friendly intros of Benny Goodman itself to every song.

And what about this unique Jam Session, played by some of the most important Jazz musicians members of the most important big bands, such as Goodman (James, Krupa), Ellington (Carney, Hodges) and Basie (Green, Page, Young, Basie itself). Because the Jam Session were surely not invented by Be Bop artists, but since New Orleans were the most original and improvisative part of Jazz. And you can hear it at the top, with a lot of solos played by the 10 artists involved in this session: in order Lester Young, Count Basie, Buck Clayton, Johnny Hodges, rhythm section Count Basie + Freddie Green + Walter Page + Gene Krupa, Carney, Goodman, Green, James, Young, Clayton.

I mean, listen to the tenor sax of Lester Young, to the alto of Johnny Hodges in full effect, to the Maestro level of Count Basie and Benny Goodman at their instruments, to the surprising Harry James at the trumpet. And, last but not least: the mighty Freddie Green playing one of his unique guitare solos!!!

It really worth dedicated approx 16 minutes to this musical pearl.

What can I say? Enjoy!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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Nascendo figlio di 2 jazzisti, facile poi diventare PRINCE – PRINCE and Jazz

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Stavolta la mia naturale tendenza ad andare fuori tema (rispetto all’argomento del Blog, cioé le connessioni tra danza e Jazz) non ha più copertura, come è successo in occasione di alcuni articoli precedenti: riuscirò infatti difficilmente a convincervi del fatto che Prince abbia a che fare con il Jazz ballabile, anche se è biograficamente innegabile che suo padre fosse un rispettato musicista e compositore proveniente dalla Louisiana e sua madre una cantante, entrambi esponenti della musica Jazz.

Ma l’emozione musicale scaturita dal riascolto di questi vinili, ritrovati nei cassetti della gioventù della casa materna, mi porta a ricollegare la mia passione per questo artista all’amore per tutte le forme musicali afroamericane (di cui lui è innegabilmente uno dei principali esponenti, nelle ultime decadi del Novecento). La varietà e genialità di ispirazione, che ruota intorno al Funky, ma con forti iniezioni di Soul, Rock, Pop e Hip Hop, trova senza dubbio radice nell’origine familiare legata alla musica di New Orleans (versione Blues e Jazz). Ormai assodata a livello critico la qualità della proposta musicale dell’artista (il cui nome è cambiato troppe volte, per poterlo identificare in modo diverso che col suo vero nome anagrafico, per l’appunto Prince), il piccolo grande genio di Minneapolis continua a cercare un fruttuoso compromesso commerciale con le sue capacità artistiche (oltre che come polistrumentista, a livello compositivo). Non è poi in fondo quello che avvenne anche a molti artisti Jazz nel periodo dello Swing?

Non si vuole intendere ovviamente che tutto quanto da lui inciso sia al livello dei primi lavori, soprattutto per una tendenza eccessiva alle ballad un po’ melense e sdolcinate. Ma se vi capitasse di riascoltare o scoprire album come Sign o’ the Times, credo capireste cosa intendo dire, dedicando a questo esponente della musica Black un post di questo blog. Non solo perché è possibile trovare in questo doppio album assoli e spunti propriamente Jazz, ma anche perché lo spirito versatile ed eclettico di Prince raccoglie ed espande tanti elementi della tradizione musicale afroamericana. Vi lascio il piacere di scoprire i vostri brani preferiti tra i 16 contenuti in questa opera del 1987, forse la più compiuta e completa nella sua discografia.

L’emozione dell’ascolto di un album che avevo studiato anche sugli spartiti per pianoforte tanti (ma tanti) anni fa, è anche legata ad un desiderio che era rimasto insoddisfatto per parecchio tempo, vista la difficoltà di reperire on line suoi materiali sonori. Quasi un miracolo in questa era informatica, ma la sua crociata (non del tutto condivisibile, visto che neanche legalmente su Spotify si possono trovare i suoi brani) contro lo streaming on line e il file sharing è effettivamente riuscita a bloccare la diffusione delle sue canzoni senza il suo consenso. Vi toccherà quindi fare lo sforzo di andare a scovare i vecchi vinili o musicassette dell’epoca, o comprare un cd nuovo di zecca. Vi assicuro che merita la “fatica”.

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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Warning: this post is clearly OT!

Yes, this time I have no excuse: hard to explain why Prince should be mentioned in a blog dedicated to the connection between Jazz and dance! Ok, let’s say that he is son of 2 Jazz musicians: his mother was a singer and his father a well-known composer-pianist from Louisiana, the originary land of Jazz and Blues. But of course this is out of topic.

By the way, it is an emotion listening again to his vinyls after such a long time. Precious moments, because it is not easy to find on line his music and videos, due to his crusade against the streaming on line and the file sharing. So finally I found again these old vinyls and I can enjoy (legally!) his music. And there is a link between Prince and Jazz, not only because of his family. You can find solos and inspiration from the afroamerican tradition in all his music, altough not everything is as good as the first albums.

I’d like to mention most of all Sign o’ the Times, because critics (and myself) agree it is one of his most complete works. Here you find inspiration from Funky, Soul, Hip Hop, Rock, Pop, together with some very good musicians that know how to play a solo (for instance the saxophonist). Good to enjoy this double vinyl and listen to a very good compromize between commercial music and artistic inspiration.

Hey by the way, wasn’t this also what happened with the Swing music back in the ’30s and (mostly) ’40s?

😉

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

Prince 2

QUESTO È IL JAZZ! – THIS IS JAZZ! (After Hours, 1958)

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[Portrait of Roy Eldridge, Spotlite (Club), New York, N.Y., ca. Nov. 1946] (LOC) Gottlieb, William P., 1917-, photographer.

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Questo breve filmato, girato come puntata pilota di una trasmissione televisiva sul Jazz (che poi non fu mai realizzata, purtroppo), contiene tutti gli elementi essenziali della nostra musica (e del nostro ballo, visto che le due cose sono strettamente collegate nel Jazz). In soli 20 minuti abbondanti After Hours (titolo originale di questo video girato nel 1958) condensa tutti gli elementi essenziali: la musica trascinante di un combo composto da eccellenti musicisti, la voce e lo scat di una cantante straordinaria, il ballo di due dei principali ballerini della storia del Lindy Hop e dell’Authentic Jazz, l’atmosfera notturna di un club newyorchese dopo la chiusura al pubblico (quando i musicisti si dedicano alle jam session per il puro piacere di suonare e creare).

E quale meravigliosa squadra troviamo impegnata in una serie mozzafiato di brani tra lo Swing e il Be Bop (siamo nel 1958 e un grande come il tenorsassofonista Coleman Hawk Hawkins si pone curiosamente tra i due mondi musicali, come anche il trombettista Roy Little Jazz Eldridge, principale ispiratore della svolta di Dizzy Gillespie): i già citati straordinari solisti Hawkins ed Eldridge, ma anche altri grandi di questa musica come Cozy Cole alla batteria, Johnny Guarnieri al piano, Mint Hinton al contrabbasso e Barry Galbraith alla chitarra. Con la presenza eccellente e sorprendente della cantante Carol Stevens, che interpreta alla grande alcuni degli standard, inscenando anche una simpatico solo di scat singing insieme a Little Jazz.

L’episodio pilota si svolge significativamente nella 52esima strada di Manhattan piena di Jazz Club, ribattezzata Swing Street. Poteva mancare il ballo e in particolare il Lindy Hop? A ulteriore riprova non solo che lo Swing non è morto dopo la fine dell’epoca delle Big Band (ma è passato attraverso il Be Bop negli anni ’50 mantenendo intatta la sua carica di ritmo), ma anche che il Lindy Hop non è mai del tutto scomparso dalle scene e dai palcoscenici, ecco che troviamo due dei migliori ballerini afroamericani di tutti i tempi, Al Minns e Leon James, che si scatenano in una serie di passi solo e in coppia. Un vero piacere per gli occhi godere la loro interpretazione di un brano scatenato della band, come anche il ballo più “social” accennato dai finti camerieri un paio di canzoni prima. Sì perché ovviamente tutte le atmosfere sono ricostruite in studio, mentre i brani sono stati improvvisati dal vivo dai musicisti per l’occasione.

Canzoni magnifiche come Lover Man, Just you, Just me o Taking a Chance on Love sono interpretate dal gruppo con un incredibile tiro ritmico swing che non si ferma mai e una grande perizia negli assoli (più vicini al contemporaneo Be Bop). L’atmosfera di un vero Jazz Club è ricreata con dovizia di particolari ed è un vero peccato che i produttori decisero dopo questo pilota di non proseguire con le riprese (si era d’altronde in una fase calante di successo per il Jazz, a tutto vantaggio di forme più commerciali e semplici di musica).

Non si può chiudere meglio questo post dedicato ad una vera gemma che con quanto dice la voce fuori campo all’inizio del film: “This is my beat, the jazz beat”!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

PS

Quasi dimenticavo: ecco il link alla versione completa e originale! 😉

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Sometimes you can find all you need in order to describe a wonderful musical world in a short movie. This is why After Hours (original title) is so important: in only 20 minutes circa you have Jazz music and dance in its best performance. Filmed in 1958 as a pilot episode of a television show (which unfortunaly never saw the light afterwards), it is staged in a Jazz Club in the so called Swing Street (52nd) in Manhattan, NY.

What a show with Coleman Hawkins, Roy Eldridge, Cozy Cole, Mint Hinton, Johnny Guarnieri and Barry Galbraith performing live great music, between the swingin’ pulse and the Be Bop soloist style. In 1958 artists such as Hawk and Little Jazz were the living bridge between different styles and periods of Jazz. Plus a great surprise, the singer (also scat singer) Carol Stevens, what a voice and savoir-faire on stage (enjoy the scat battle with Roy!).

And, when I wrote that here you can find all that we need, here it comes the dance, the Lindy Hop and Authentic Jazz steps! We have here 2 of the greatest afroamerican dancers of all times: Al Minns and Leon James live and loud! Both dancing solo and couple coreos, it is really a pleasure for our eyes to watch them performing (another proof that Lindy Hop never really disappeared from theatres and shows, even during the hard times when other kind of pop and commercial music was kicking Jazz out of the charts).

Therefore, I fully recommend After Hours as the best intro to Jazz musica and dance. As the voice says in this short movie, never forget that: “This is my beat, the jazz beat”!

🙂

Here is the link to this film, an authentic monument of a wonderful musical Era.

Enjoy!

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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[Portrait of Coleman Hawkins and Miles Davis, Three Deuces, New York, N.Y., ca. July 1947] (LOC) Gottlieb, William P., 1917-, photographer.

Il sogno di Dizzy Gillespie: “Jivin’ in Be Bop” (1947) – Dizzy Gillespie’s dream: “Jivin’ in Be Bop” (1947)

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PLEASE FIND ENGLISH VERSION BELOW

Se non conoscete ancora questo film musicale della seconda metà degli anni ’40, Jivin’ in Be Bop, ve ne consiglio spassionatamente e caldamente la visione (è visibile con licenza Creative Commons su archivi on line o si può comprare in Dvd).

Siamo nella fase di passaggio tra l’Era dello Swing e la rivoluzione Be Bop. Un cambiamento che però nasce proprio in seno alle grandi big band, di cui lo stesso Dizzy Gillespie fece parte (con i direttori Teddy Hill, Cab Calloway e Earl Hines tra gli altri). E Dizzy rappresentò un sogno, quello di traghettare il mondo del Jazz ballabile verso forme musicali di maggiore qualità rispetto alle ultime ripetitive versioni dello Swing, che non si erano distinte per l’inventiva e l’originalità. Il sogno come sappiamo purtroppo fallì, per vari motivi: la crisi seguente la Seconda Guerra Mondiale che decimò le orchestre, la difficoltà della nuova musica (spesso su ritmi indiavolati e complessi), la preferenza per le piccole formazioni, un certo intellettualismo elitario che prevalse nel Be Bop (motivato però anche da un moto d’orgoglio degli afroamericani).

Ma questo film musicale, niente più che una rivista d’avanspettacolo, resta a testimonianza di quello che poteva essere e non fu. Abbiamo infatti la magnifica big band degli anni 1946-1947 di Dizzy Gillespie sul palco (con tra gli altri John Lewis poi del Modern Jazz Quartet al piano e Milt Jackson al vibrafono), accompagnati in alcuni brani dalla grande Helen Humes alla voce (ad esempuo in una ballabilissima versione di Be-Baba-Leba); ma anche sketch comici tra un brano e l’altro e spettacoli di ballo che spesso rubano il palco all’orchestra. A proposito di questi ultimi alcuni critici hanno sostenuto che fossero di pessima qualità, ma a parziale discolpa dei ballerini dobbiamo dire che in effetti il Be Bop, anche nella versione orchestrale di Dizzy, non è di facile interpretazione e probabilmente non erano neanche tutti ballerini professionisti.

Ma godetevi lo spasso di questi due ballerini che interpretano in una maniera originale e acrobatica, quasi da breakdancer ante-litteram, le convulsioni ritmiche della big band:

Bebop Dancers from “Jivin’ in Bebop” Movie | 1947

Oppure questa scena di ballo Lindy Hop, certo meno originale rispetto a quelle dei Whitey’s, ma comunque libera e divertente per come segue la nuova musica in questa versione ideale di social dancing Be Bop:

Unknown Dancers Performing – “Dynamo A” (1947)

E poi in mezzo e sopra tutto lui, Dizzy Gillespie, che scherza, fa battute, balla, suona sul palco. Un personaggio unico, per talento musicale, ma anche positività della persona-personaggio, quasi il lato buono del Be Bop, che non si auto-distrusse con alcool e droghe e brutte storie (pensate che ebbe perfino una sola moglie per tutta la vita!), ma fece prevalere il piacere della musica e della scoperta (a lui di deve ad esempio l’introduzione dei meravigliosi ritmi cubani nel Jazz) fino alla fine dei suoi giorni. Certo, a parte l’episodio della famosa coltellata a Cab Calloway! 😉

Bisognerà scrivere ancora su Dizzy, un grande con coscienza politica e culturale del periodo e della musica. Mi riprometto di farlo appena possibile, intanto credo che leggerò la sua autobiografia per saperne di più.

Vi lascio scoprire il resto di questo divertente film, della durata complessiva di un’ora circa. Lo trovate per intero qui:

“Jivin’ in Be-Bop” – Internet Archive

Un saluto a voi e viva Dizzy!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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Well, in case you don’t know this musical movie Jivin’ in Be Bop (1947), my humble opinion is that you should definitely look for it (on public Internet archives or buying the Dvd). Firse of all: there is Dizzy Gillespie on stage, performing as an orchestra director, trumpet player, comedian and sort-of-dancer, with his unique hilarious humour. This man had a dream, in between the Swing Era and the Be Bop revolution: as a member of famous Swing orchestras (Teddy Hill, Earl Hines, Cab Calloway) he would have liked to bring the dance on also in the Be Bop times, altough it was not possible in the end for several reasons (commercial crisis of the big bands after the 2WW, small combos, difficult rhythms of the new Jazz and a bit of intellectual snobism or political standpoints of the new scene).

But this movie testifies what could have been real in the end of the ’40: new life for the good old Swing (and its repetitive and less original last period) and a new dance, with high standards of musical quality. You can find here sketches and funny dance shows (I doubt here there were only professional dancers), together with music from the Dizzy Gillespie Orchestra and some guests on stage (such as the great singer Helen Humes).

Gillespie was not only a great musician, but also a great man, with a wise political awareness and a clear vision on Jazz (that he then mixed also with cuban rhythms and inspiration for instance).

Enjoy this movie (please find links above) and enjoy the genius of Dizzy Gillespie!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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Metti 3 geni musicali in uno studio di registrazione nel 1945 – The fabulous BIRD+DIZZY+GAILLARD 1945 LA session

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Era la fine del 1945, quando Charlie Parker e Dizzy Gillespie (il quale leggenda vuole che scampò alla chiamata alle armi minacciando che avrebbe usato la carabina per sparare ai suoi nemici più vicini, cioé i bianchi statunitensi) di avventurarono in California, terra accogliente e solare, ma non per il nuovo corso Be Bop del Jazz. I due giovani rivoluzionari musicali ebbero infatti parecchi problemi a trovare ingaggi e incontrarono una scena e un pubblico ancora molto tradizionalista. In uno dei locali notturni in cui suonarono divisero la scena con quell’alieno sceso sulla terra di nome Slim Gaillard, uno dei più grandi (e meno famosi) geni della fantasia artistica di tutti i tempi (su di lui scrissi già un’ode qui).

E nel dicembre di quell’anno Slim gli trovò la possibilità di incidere a Los Angeles con una band di tutto rispetto 4 brani, che restano negli annali come un momento magico della nostra musica, per la congiunzione tra stili e personalità così differenti, che il loro incontro non poteva che lasciare il segno (oltre a dimostrare che, al di là delle etichette, il Jazz è uno solo). A suonare con loro c’erano Dodo Marmarosa, un talentuoso pianista italoamericano che prima di impazzire fece in tempo ad essere tra i primi bianchi a suonare il nuovo Jazz, ma anche un vecchio leone alla batteria come l’ex-sodale di Armstrong Zutty Singleton e il giovane sassofonista Jack McVea, che invece si avviava verso la strada di alcune hit di successo nella nascente scena Rhythm and Blues.

E così il quadro è completo: lo Swing unico di Slim incontra la maestria Be Bop di Dizzy e Bird e il tipico sax tenore RnB di McVea.

Ascoltiamoli per cominciare nell’esilarante jam session, durante la quale Slim annuncia a suo modo (voutoooorooney!) tutti i musicisti (e si sente anche la voce di un divertito Parker):

Slim’s Jam

Oppure nel brano più veloce e boppeggiante, composizione di Gaillard (come anche tutti gli altri brani) arricchita dagli assoli di Parker e Dizzy:

Popity Pop

O ancora in un ballabile più classicamente basato su un basso continuo stile boogie, dedicato evidentemente al grande e giovane trombettista della session:

Dizzy Boogie

Chiude il cerchio un grande classico Swing, Flat Foot Floogie, che vi lascio scoprire da soli, eseguito a ritmo sostenuto da tutti i musicisti.

Insomma, a modesto parere del sottoscritto una delle pagine più luminose della musica Jazz, per le note suonate ma anche per quel che rappresenta. Che merita di essere maggiormente conosciuta (e questi brani si possono trovare in diversi vinili o raccolte che consiglio, come quelle in fotografia).

Enjoy!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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It was December 1945 when Dizzy Gillespie and Charlie Parker, the revolutionaries Be Bop musicians, arrived to Los Angeles and found a California Jazz scene and public not yet ready for their music. It was hard for them to play their music and to find a venue. Some nights they shared the stage with Slim Gaillard, the mighty genius of musical fantasy, and from there is was born one of the most fabolous jam session and studio recording of all times (in my humble opinion), because it was the meeting of the new and good old Jazz and it proves that Jazz is on and only music, beyond categories and styles. In these 4 tracks you can find some old melodies enriched by new school solos, with a very good band lead by Slim Gaillard: between the others it worth to mention Dodo Marmarosa at the piano, Zutty Singleton at the drums and Jack McVea tenorsax. They were musicians with different careers in time and space, united for this unique session and playing together with their mix of Hot Jazz, Swing, Early RnB and Be Bop. Please listen to their tunes and enjoy this music, it really worth to be known as one magic meeting in the sunny California, time ago in December 1945.

Una breve antologia di 110 ANNI di JAZZ BALLABILE – A brief ANTHOLOGY OF 110 YEARS of DANCEABLE JAZZ

Nulla più che una breve compilation, assemblata e selezionata dal sottoscritto, per dare un’idea veloce (e spero divertente) di come la musica Jazz e il ballo si siano evoluti negli anni. Astenersi puristi e tradizionalisti. Il Jazz ballabile è una storia musicale lunga e gloriosa, unita da radici comuni (il Blues) e andamento ritmico (swing e groove). Parola di fonomescitore! 😉

Buon divertimento, buon ascolto e buon ballo,

Mazz Jazz aka Professor Bop

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GLI ANNI ’10 – IN THE ’10s

Le prime incisioni in assoluto di Jazz della Original Dixieland Jazz Band capitanata dall’italoamericano Nick La Rocca già restituiscono bene il suono che nacque nei quartieri poveri di New Orleans e poi migrò al Nord e nel mondo. Una musica fatta per strada o nei locali malfamati, per intrattenere e divertire attraverso il movimento.

“Livery Stable Blues” – The Original Dixieland Jazz Band (1917)

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GLI ANNI ’20 – IN THE ’20s

Potrebbe mai mancare in qualsiasi antologia del Jazz Louis Armstrong? No, quindi eccolo qui con i suoi fuochi d’artificio e i suoi Hot Five, tra cui in questa formazione anche il grande pianista e compositore (e poi direttore di big band) Earl Hines. Il ritmo indiavolato è arrivato a Chicago e New York e continua a infiammare i club.

Louis Armstrong and his Hot Five – “Fireworks” (1928)

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GLI ANNI ’30 – IN THE ’30s

Con la Swing Era il Jazz diventa la colonna sonora principale, non solo negli Stati Uniti. Le ballroom esplodono e il Savoy di Harlem è giustamente ancora celebrato, anche per la sua importanza sociale (una dei pochi locali pubblici in cui bianchi e neri potevano ballare insieme, nei decenni della segregazione). E qui una versione unica che restituisce l’atmosfera di quelle serate:

“St. Louis Blues” – Ella Fitzgerald & Chick Webb at the Savoy Ballroom (1939)

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GLI ANNI ’40 – IN THE ’40s

Lo Swing, baby. Un fenomeno di costume, sociale e culturale che ha dato i suoi frutti maturi in questa decade, portando alla nascita anche altri fermenti, come il Be Bop e l’Early RnB, nati entrambi in seno alle big band dei grandi direttori, a partire dalla formazione di colui che fu nominato The King of Swing.

“Give Me The Simple Life” – Benny Goodman (1946)

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GLI ANNI ’50 – IN THE ’50s

Se da una parte tutti pensano a questo decennio come quello del RnR, orchestre come quella di Basie non persero mai il proprio tiro super swingante e attraversarono tutte le epoche girando il mondo e suonando dal vivo (espressione massima di questa musica), cogliendo spunti dalle altre correnti musicali, ma mantenendo sempre al centro quel suono caratteristico di Kansas City che unì le generazioni del Jazz a cavallo della metà del Novecento.

Count Basie – “Lullaby Of Birdland” (1958)

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GLI ANNI ’60 – IN THE 60s

Forti iniezioni di Soul e richiami alla storia della musica black entrano sempre più nel Jazz, richiamando le radici originarie del Blues e del ritmo di origine (non solo) afroamericana. Gli anni ’60 sono un periodo di sperimentazione sociale, politica e artistica. Ne sono prova anche nel nostro campo i nuovi fermenti che animano case discografiche come la celebre Blue Note, che pubblica questo album di cosiddetto Soul-Jazz, che avrà un successo inaspettato e strepitoso (tanto da essere ancora oggi campionato e imitato da vari musicisti).

“The Sidewinder” – Lee Morgan (1963)

 

 

The Sidewinder : Lee Morgan

GLI ANNI ’70 – IN THE ’70s

Artisti come Herbie Hancock furono molto criticati per avere portato un groove funky ed elettronico nella musica Jazz. Come che sia, sta di fatto che questo tipo di sonorità influenzarono anche altri grandi come Miles Davis, che cercarono in questo modo di aggiornare il Verbo musicale che aveva radici nel Blues. A voi l’ascolto:

Herbie Hancock – “Chameleon” (1973)

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GLI ANNI ’80 – IN THE ’80s

Il dilagare della fusion, con esisti spesso non troppo felici, fu accompagnato da una reazione musicale, che restava più legata alla tradizione del Jazz, nelle sue forme Hard Bop e poi Hot Jazz. Wynton Marsalisè senza dubbio l’artista che incarna questo movimento, che non ha innovato la storia musicale, ma ha di sicuro regalato qualità e bravura musicale. Eccolo all’inizio della sua carriera, interprete di un classico con una delle formazioni Jazz più longeve e di successo, i Jazz Messengers:

“Moanin'” – Art Blakey & The Jazz Messengers (with Marsalis) (1980)

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GLI ANNI ’90 – IN THE ’90s

In una fase di ristagno creativo, furono altre forme musicali come l’Hip Hop a creare occasioni muove di incontro, all’insegna della musica Black. Il compianto Guru, in compagnia di Dj Premier e musicisti Jazz come Ronny Jordan e Donald Byrd, con il progetto Jazzmatazz segnò di sicuro un punto a favore dell’integrazione e della qualità musicale.

Guru Featuring Donald Byrd – “Loungin'” (1993)

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GLI ANNI 2000 – IN THE 2000s

Sempre alla ricerca di nuove forme d’espressione e ispirazione, alimentato dalla creatività e dall’incontro tra culture diverse, il Jazz aveva da tempo scoperto il ritmo e le melodie latinoamericane. Un importante esponente di questa scuola è stato il cubano Arturo Sandoval, che ascoltiamo qui in un’interpretazione sempre attuale del famoso brano composto da Dizzy Gillespie molti decenni prima.

Arturo Sandoval – A night in Tunisia (2001)

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LA NOSTRA DECADE – OUR DECADE

In una fase che ancora stenta a trovare innovazioni decisive e nuove svolte, forme più commerciali di Jazz emergono e raccolgono consensi. Come nel caso di Gregory Porter, che negli ultimi anni ha vinto molti riconoscimenti ed è stato in grado di riportare nelle classifiche questo genere di musica.

Gregory Porter – “Liquid Spirit” (2013)

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E il futuro cosa ci riserverà? Non dobbiamo dubitarne: questa musica continuerà a stupirci e a farci muovere, regalando gioia e ritmo.

🙂

 

 

 

 

 

Di quale meravigliosa ERA DELLO SWING stiamo parlando? – What really was THE SWING ERA?

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In 1937, LIFE published Margaret Bourke-Whites ‘American Way’ photograph.

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Il titolo di questo articolo vuole ovviamente essere una piccola provocazione, da parte di un appassionato di musica e ballo degli anni ’30 e ’40 (in particolare), che è però anche un docente di storia. Non ho potuto infatti fare a meno di notare una certa nostalgia nel mondo Swing odierno, che non riguarda solo gli aspetti musicali, ma spesso anche il costume e la società della prima metà del Novecento.

Ritengo utile allora fornire un breve riepilogo per punti di quelli che sono stati alcuni aspetti importanti di quei decenni, che non andrebbero sottovalutati e che dovrebbero essere presi in considerazione, prima di cadere in un troppo facile atteggiamento di nostalgia e rimpianto per i tempi irrimediabilmente perduti (e in molti casi è il caso di aggiungere: per fortuna).

Non pretendo di essere obiettivo, ma un minimo informato sì (e aperto alla discussione e al confronto). Questo articolo quindi non parla di musica, ma di aspetti sociali, storici e culturali degli anni ’20, ’30 e ’40, cioè l’epoca in cui fiorì la musica Hot Jazz e Swing che amiamo tanto.

GLI ANNI ’20 E LE TRASGRESSIVE AVANGUARDIE ARTISTICHE

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“LENGIZ BOOKS ON ALL SUBJECTS!” 1925. ALEXANDER RODCHENKO.

Distinguiamo innanzitutto, un po’ sommariamente invero, tra i decenni in oggetto. L’inizio del Novecento, fino agli anni ’20, fu un periodo di fioritura per diversi movimenti culturali innovativi, anche in campo musicale (con il Jazz). Le cosiddette avanguardie storiche adottarono spesso come colonna sonora le manifestazioni più moderne provenienti dagli Stati Uniti. Anche a Mosca, centro dell’Unione Sovietica, in questo periodo si diffusero band e ci furono tour di importanti artisti neri. Berlino, Parigi, Mosca, Londra si distinguevano come capitali culturali ricettive e aperte, seppure in un periodo di crisi dovuta all’uscita dalla distruttiva Prima Guerra Mondiale.

Negli Stati Uniti precedenti alla crisi economica del ’29, siamo in piena Jazz Age, quell’epoca di sfrenatezza charleston narrata da Francis Scott Fitzgerald. Ma non dimentichiamo che stiamo parlando di un mondo dorato spesso appannaggio dei soli ceti alto-borghesi della società, mentre il Jazz era nato nei quartieri poveri e a luci rosse di New Orleans e del sud degli USA. Con la migrazione lungo il Grande Fiume dei neri americani dal sud razzista al nord industriale, anche la nostra musica migra e si trasforma a Chicago e poi New York, ma sempre in locali in cui gli afroamericani possono suonare sul palco, ma non sedere tra il pubblico.

IL RITORNO ALL’ORDINE DEGLI ANNI ’30 IN EUROPA

Adolf Hitler and Benito Mussolini in Munich, Germany, ca. June 1940.

Adolf Hitler and Benito Mussolini in Munich, Germany, ca. June 1940.

I tragici cambiamenti politici che portarono in Europa all’affermazione del nazifascismo in Italia e Germania (e poi nei territori progressivamente occupati o annessi), lasciarono un segno indelebile anche sulle società e sulla cultura di quegli anni. In campo artistico, la spinta trasgressiva delle avanguardie fu arrestata da un dietrofront imposto dal nuovo clima politico. Anche nell’URSS, lo stalinismo riuscì a bloccare l’avanguardia dirompente del futurismo e del costruttivismo. Parziale e iniziale eccezione fu il futurismo italiano, che però fu di fatto neutralizzato sempre più da quel fascismo che ufficialmente lo sostenne in campo culturale. Nella storia del costume, l’Italia in particolare resta una nazione arretrata, in cui il tradizionale bigottismo e maschilismo creano un mix avverso a tante nuove forme di ballo e musica. Il Jazz, pubblicamente condannato e costretto ad autarchiche e ridicole traduzioni, viene apprezzato e tollerato solo per gli strati alti della società (fino al paradosso del figlio del Duce che divenne un famoso jazzista). Lo stesso avviene ovviamente in Germania, dove questa musica è messa al bando in quanto negroide ed ebraica (e rispetto a queste radici tutti i torti i nazisti non li avevano), ma continua a circolare in maniera sotterranea nei club. Le condizioni di vita della popolazione europea diventano progressivamente sempre più dure, con l’approssimarsi del secondo e decisivo conflitto mondiale.

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Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR (1938-1953), opera di Giovanni Guerrini, Ernesto Lapadula e Mario Romano

GLI STATI UNITI SEGREGAZIONISTI E QUELLI DI ROOSEVELT

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Title: Bud Fields and his family at home Creator(s): Evans, Walker, 1903-1975, photographer Date Created/Published: [1935 or 1936]

Passando dall’altra parte dell’Oceano (con quel salto, hop, che compì anche il filonazista Lindbergh in aereo nel 1927) la prima cosa da mettere in rilievo sono le pesanti condizioni di povertà e segregazione in cui vivevano le minoranze negli Stati Uniti. La più celebre è quella afroamericana, ma parliamo anche degli immigrati di origine europea (ed italiana), oltre che dei nativi americani. Con la Grande Depressioni le condizioni divennero più dure per tutta la popolazione e come avviene spesso a farne le spese furono soprattutto le parti più emarginate della società. Come ho già ricordato, il mondo musicale fu un ambito di relativa libertà e proprio per questi tanti artisti di colore scelsero questa strada, ma resta il fatto che nel Sud non potevano andare in tour con le band e che nei locali anche nel Nord dovevano entrare dalla porta di servizio. Tanti dei nostri beniamini musicali subirono ingiustizie e soprusi per il loro colore della pelle (o origine geografica).

Il ruolo che ebbe Roosevelt, uno dei politici più importanti di tutto il Novecento, fu importante non solo dal punto di vista economico (con il New Deal che rimise in sesto la superpotenza nordamericana), ma anche culturale e sociale. Promosse programmi per sostenere la musica popolare e anche le forme considerate del folklore afroamericano (Blues, Jazz). Tante fotografie e registrazioni di quel periodo furono dovute ad iniziative statali nell’ambito del New Deal. Questo uomo politico statunitense è ancora oggi accusato dai suoi detrattori dall’altra parte dell’Oceano Atlantico di essere stato un socialista camuffato (un po’ come dicono che Obama sia di nascosto musulmano).

L’Era dello Swing negli Stati Uniti fu legata anche a questo periodo di risveglio e uscita dalla crisi, la musica giocò un ruolo importante, stavolta per tutta la  popolazione. Giova ricordare anche che l’alleanza tra USA e URSS, insieme ai movimenti di resistenza interni ai paesi europei, liberò il mondo dalla dittatura nazifascista. Con la fine della Seconda Guerra Mondiale e l’inizio della Guerra Fredda invece gli Stati Uniti imboccarono un’altra strada, sia musicalmente che politicamente. Potremmo parlare di Rock’n’Roll e caccia alle streghe anticomuniste (maccartismo), ma questa è un’altra storia, rispetto a quella a cui guardiamo in questo blog.

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Title: Washington (southwest section), D.C. Neighborhood children Creator(s): Parks, Gordon, 1912-2006, photographer Date Created/Published: 1942 Nov.

Mi rendo conto della sommarietà di questo riassunto storico, frutto anche ovviamente del mio personale punto di vista. Non volevo però tediarvi, ma solo mettere in luce come dobbiamo andarci piano con la nostalgia, quando dal campo musicale e artistico la trasferiamo ad aspetti sociali e storici di epoche che ci hanno senza dubbio insegnato molto, ma contenevano anche tanti aspetti (anche di mentalità) che tutto dovremmo fare, meno che rimpiangere.

Come sempre, my 2 cents.

😉

Mazz Jazz aka Professor Bop

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The title of this article is obviously a little bit provocative, because music and dance of the ’30s and ’40s are my passions, but I’m also an history teacher. I see too much nostalgie around our dance scene, about years that were far from being a golden age, from many points of view. I mean, we can talk about music and enjoy so much this musical period, but come on people, let’s also think about society and culture.

I think it might be useful, in order to avoid and easy and too superficial feeling of nostalgie for the good old times, to write something about those times. I know I’m not objective and it is my personal point of view, but I also think I can say something about the era when Hot Jazz and Swing were born.

THE 20’s AND THE ARTISTIC AVANTGARDE MOVEMENTS

First of all, we should think about this: the Twenties and the beginning of the century where more or less everywhere a period full of innovative cultural movements, also in music (with Jazz). This modern music was a soundtrack for many young artists in Berlin, Moscow, Paris and London. Even after the distructions of the 1WW, art and society were generally opened to new hopes and brave initiatives.

In the USA we are, before the 1929, in the middle of the so called Jazz Age, the charleston times told by Francis Scott Fitzgerald. But anyway this was a luxury world for a few people, the high society. Even if Jazz was born in the down south poor suburbs, it became a funny way of living most of all for rich and white people. Migrating along the Mississippi in the north, afroamerican people brought Jazz and Blues with them, into clubs where they were not allowed to sit in between the audience.

EUROPE IN THE 30’s AND THE END OF THE TRANSGRESSIVE AVANTGARDE

Nazifascism in Europe was not only a matter of politics, but also it influenced deeply culture and art. Music too. Avantgarde was killed by a new political trend. Even in the USSR Stalin stopped most of the innovative futurist and constructivist artists. Italian futurism was anyway neutralized by the same fascism that was its political partner. Italy was still a country with a rural and non modern mentality, full of the traditional religious influence and machism too. Jazz was officialy banned as a negro and jewish music, but it was tolerated in Italy and Germany only for the upper class, as a way to have fun and dance. Jazz was still alive in the underground anyway, while life of the people became harder and harder the more 2WW got closer.

USA: RACISM AND NEW DEAL

On the other side of the Atlantic Ocean (let’s make a hop, like the filonazist Lindbergh by airplane in 1927) first time that comes to my mind is that minorities were living in hard and poor condition of segregation. We know about afroamericans, but the same was for european immigrants and native americans. The Great Depression was making it even worst and the weak parts of society had mostly to face this. Music was somehow a world with more freedom and this is why many blacks choose this career, but anyway they couldn’t tour in the South and also in the North they had to enter from the backdoor. Many of our musical heroes were discriminated and segregated and had difficult times for the colous of their skin (or their ethnical  origin).

Roosevelt was one of the most important politicians of the last century for the New Deal, but also for the cultural and social influence he had. He funded new programs in order to record and promote folk music (and Blues and Jazz were considered like that often), so many photos and records of those times were a New Deal initiative. And we should consider that many people in the US still consider Roosevelt a dangerous socialist leader!!!

The Swing Era was an age of awakening and opening and music had an important part in this, also for everyday life of the common people. Roosevelt, Stalin and the Resistance in Europe gave to the world a future beyond nazifascism, we shouldn’t forget this. What came after? The Cold War, Maccartism and Rock’n’Roll, but this is another story, not included in this blog.

I know this is not a complete historical summary of those days, but my intention was to consider some of the “dark sides” of thos wonderful musical times. We should also think about this, when we talk about vintage society with eyes that are a bit blinded by the fascination of the past.

As usual, my 2 cents.

😉

Mazz Jazz aka Professor Bop

Perché la musica dal vivo – Jazz is (a)live

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The Colored Idea Band of Sonny Clay arrives in Sydney, 1928 / Sam Hood [State Library of New South Wales]

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Senza volere rientrare nel campo dell’ovvio, la scarsità di occasione per gustare della buona musica Jazz dal vivo, in particolare nella sua versione ballabile, mi spinge a dedicare queste poche righe all’importanza che per questo genere musicale ha la dimensione dal vivo.

Non si tratta solo di riconoscere ai musicisti (che hanno studiato anni) la bravura per avere raggiunto la loro capacità espressiva con gli strumenti, anche se sarebbe importante ribadire che anche durante le serate danzanti gli applausi a chi sta sul palco sarebbero doverosi. Intendo proprio sostenere che questa forma musicale è nata e vive solo esprimendosi dal vivo, manifestandosi nella sinergia “in diretta” tra i musicisti e tra i musicisti e i ballerini (quando tutto ciò avviene in una sala da ballo). In questo modo in passato il Jazz si è evoluto e continuerà a farlo solo se riusciremo a creare sempre più occasioni di festa, ballo e ascolto dal vivo.

La dimensioni improvvisativa stessa del Jazz si alimenta delle occasioni in cui chi sta sul palco può interloquire con un pubblico. Preme ribadire inoltre che i molti musicisti giovani che abbiamo anche nella città di Milano, potranno continuare a deliziare le nostre orecchie e i nostri piedi felici solo se sapremo creare gli eventi e le iniziative in grado di sostenerli nel loro lavoro e passione musicale.

Penso sempre che sia un peccato vedere come ai concerti l’età media sia così alta, un’occasione persa per conoscere meglio il Jazz. Un invito allora: non perdiamo l’occasione di celebrare il Jazz (e lo Swing) suonato dal vivo da musicisti, anche il ballo ne trarrà giovamento, sprigionando maggiore creatività e felicità.

Viva il Jazz, viva i musicisti!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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It might sounds obvious, but it is unfortunately not easy to listen Jazz music live, even in dancing parties, so I’d like to write a few lines dedicated to explain how music live music and musicians are important for this kind of music.

First of all, it’s time to recognize to musicians their hard work, in order to develop their skills with their instruments. Years of study deserve our thankful applause (also during dance events and concerts). Plus, this kind of music was born and it’s alive most of all when played in a live session, with the sinergy between the musicians on stage and between the musicians and the dancers. Live and direct. Jazz will go on only if we will be able to organize and partecipate to concerts and bands will be able to play their music on stage.

Improvisation itself, as an important part of Jazz, is alive only when a musician can “talk” to an audience. Plus, it’s important to give to young musicians an opportunity to play and work, so they will be able to provide us good music more and more also in the future!

What a pity: most of the times audiences are pretty old, young people often don’t attend concerts. My humble suggestion: let’s enjoy Jazz (and Swing) music live, even our dances will be more creative and happier.

Raise your hands up for Jazz, raise your hands up for live music!

🙂

Mazz Jazz (aka Professor Bop)

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[Portrait of Charlie Parker, Tommy Potter, and Max Roach, Three Deuces, New York, N.Y., ca. Aug. 1947] (LOC) – Gottlieb, William P., 1917-, photographer.

Premere il tasto PAUSA – Push the PAUSE bottom (INDEX#5)

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Salutare ogni tanto fermarsi un attimo e prendere una pausa, per permettere la lettura e l’approfondimento. Giunti al traguardo delle 5.000 visite, giusto rallentare un attimo.

Good to take a break every now and then, in order to breath and read more carefully. Now that we reached the 5.000 visits, let’s slow down a bit.

Ecco l’elenco degli ultimi articoli pubblicati DALLA QUARANTADUESIMA ALLA CINQUANTUNESIMA PUNTATA:

Here are the last posts of the blog FROM 42 TO 51:

The Dream Team of Jazz: the wonderful PHOTOS BY WILLIAM P. GOTTLIEB

HOW TO… consigli per la navigazione nel blog

La seconda iniziativa dell’Hot Club de Milan: A CHRISTMAS JAZZ TALE

Last minute ideas for a SWINGIN’ AND JAZZY XMAS

Connecting Lindy Hop scene to Jazz and Swing history

Analisi del 2015

Quello che dice il Jazz – There’s one and only Jazz

Un vero Maestro – A great italian Maestro

Perché il vinile – Vinyls have the power

Il lindyhopper più famoso della storia – The most famous lindyhopper in history

Questi invece gli indici precedenti:

These are the former indices:

PREVIOUSLY ON: riepilogo delle puntate precedenti

Ricapitolando: l’INDICE del blog

Riavvolgiamo il nastro (INDICE #3)

Prendiamoci una pausa di riflessione (INDEX #4)

All the best,

Mazz Jazz (aka Professor Bop)